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Le croci: testimoni di pietà e memoria PDF Stampa E-mail
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1.jpgPer un tempo lungo quasi un millennio si direbbe che i Cristiani si sono rifiutati di rappresentare il loro Salvatore in croce. Voglio dire che raffigurare il Crocifisso in modo realistico, come un uomo appeso al patibolo che soffre e muore come ogni uomo – Lui, il Verbo Incarnato, Dio onnipotente ed eterno – dovette sembrare qualcosa di assurdo, di intollerabile, comunque impossibile da mettere in figura. E infatti ancora nella iconografia bizantina e romanica Cristo sta sulla croce come un imperatore sul trono, cinto di una tunica purpurea, ad occhi aperti e coronato, autocrate del cielo e della terra. Egli è l’Atteso, il Vivente degli ultimi giorni, Colui che è, che era, che sarà e che di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti.

È stato San Francesco, l’“alter Christus”, a cambiare l’immagine del Crocifisso. Sull’onda della spiritualità francescana nel XIII e XIV secolo, con Cimabue, con Coppo di Moncavaldo, con Giunta, con Giovanni Pisano, con Giotto, agli occhi dei credenti appare una nuova e inedita immagine della morte di nostro Signore. Gesù è raffigurato come un uomo vero appeso a una vera croce e quindi umiliato, straziato, sofferente.

4.jpg“Hanno forato le mie mani ed i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa”. Le parole del Salmista diventavano immagine ed ecco assumere sembianze definitive il crocifisso che ci è familiare, che incontriamo in ogni luogo di culto, che abita da sempre il nostro immaginario religioso.

Il Crocifisso come “uomo dei dolori” ha moltiplicato la sua immagine ai quattro angoli del mondo, ha conosciuto le innumerevoli varianti prodotte dal talento degli artisti, dalle epoche, dagli stili, dalle culture, è stato modellato nei materiali più diversi, nel legno e nell’oro, nell’argento, nel bronzo, nel marmo, nell’alabastro, nel corallo, ma è per tutti l’emblema della umana sofferenza.

 

 

5.jpgI crocifissi che la Diocesi di Trapani ha raccolto nell’occasione della esposizione temporanea della preziosa scultura attribuita al giovanissimo Michelangelo di recente acquisita al patrimonio dello Stato, testimoniano la Pietà e la Memoria. Sono, l’una e l’altra, virtù oggi desuete che, per nostra grande fortuna, la Chiesa ancora coltiva. I crocifissi selezionati in Sant’Agostino - dove s’inaugura, per volontà dell’illuminato vescovo Micciché, il Museo Diocesano di Trapani - diversi per epoca, stile, qualità di manifattura, pregio dei materiali costitutivi, parlano di preghiere e di speranze, di sofferenze silenziose e incognite, testimoniano la fede di comunità che hanno creduto nella Sua resurrezione e sperato nella Sua misericordia. Per avere reso testimonianza alla Pietà e alla Memoria, dobbiamo gratitudine a chi ha voluto l’incontro fra il Crocifisso attribuito a Michelangelo e i Suoi fratelli di Sicilia.

Antonio Paolucci
Direttore dei Musei Vaticani

 
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