Le conclusioni del Forum delle Caritas del Mediterraneo a Valderice
La speranza condivisa
In uno spazio tra i Paesi del Sud Mediterraneo
Uomini e donne in fuga dall'Africa sub-sahariana che mostrano sui telefonini, a riprova delle loro sofferenze, foto degli amici morti durante le traversate nel deserto, costretti ad abbandonarli lì, senza sepoltura. Donne che raccontano storie di abusi, di gravidanze difficili da accettare perché frutto di violenze da parte delle forze dell'ordine o all'interno della propria comunità. Migranti africani, iracheni o armeni, che trovano, anche nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, scarsi o inesistenti diritti dovuti alla situazione di irregolarità, e un diffuso inasprimento delle leggi nei loro confronti. È il quadro che emerge ascoltando le testimonianze degli operatori delle Caritas della sponda Sud del Mediterraneo (Turchia, Libia, Tunisia, Algeria, Malta, Marocco, Libano), intervenuti al "Migramed Forum", in corso dal 16 al 18 giugno a Valderice (Trapani), per iniziativa di Caritas italiana e della delegazione regionale delle Caritas della Sicilia. Insieme a Caritas Internationalis e Caritas Europa hanno anche lanciato un appello perché "lo spazio mediterraneo sia luogo d'incontro, per la promozione di pratiche di dialogo e di scambio tra i popoli, strumento di arricchimento reciproco sui versanti culturale e spirituale, oltre che economico e sociale" e ribadito l'impegno a tutela dei cittadini migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta, anche in vista della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. L'impegno delle Caritas del Mediterraneo. Le Caritas, ispirate dall'enciclica Caritas in veritate si sono impegnate, in particolare, a "monitorare l'andamento dei flussi migratori nell'area del Mediterraneo relativamente a cittadini immigrati, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta; scambiarsi informazioni circa la loro situazione nei singoli Paesi; promuovere momenti di confronto con le istituzioni locali, nazionali e internazionali per rafforzare, nell'interesse di tutti, la collaborazione sul fronte della mobilità umana; promuovere azioni congiunte per sensibilizzare la società civile sui temi delle migrazioni e i fenomeni connessi; contribuire a promuovere una cultura del rispetto e della tutela dei diritti umani, con particolare riferimento ai migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta". In Libia. Padre Alan Arcebeche, direttore di Caritas Libia, racconta di aver assistito 7.500 migranti in ambito sanitario, dando accoglienza e altre forme di aiuto nella chiesa S.Francesco di Tripoli. Ottengono, inoltre, dalle autorità, permessi speciali per organizzare preghiere cristiane in 8 carceri libiche, coinvolgendo gruppi di circa 250 persone. Inoltre, prosegue, hanno potuto dare sepoltura cristiana a 35 migranti, cosa non facile "perché a Tripoli non ci sono cimiteri cristiani. Dobbiamo andare in un villaggio a 350 km: grazie alla comunità italiana è di nuovo utilizzabile il cimitero". Padre Arcebeche cita alcuni dati: "Più di 60 barconi, con una media di 25/30 persone che pagano dai 600 ai 1.200 dollari a testa, sono partiti dal febbraio 2008 da Zuwarah, Tripoli e Bengasi". In Algeria e Turchia. Situazione "molto rischiosa" anche in Algeria, dove è stata approvata di recente "una legge che prevede l'arresto fino a 6 mesi per i migranti senza documenti e per chi li aiuta ad entrare o uscire dal Paese, algerini compresi", spiega padre Cesare Baldi, direttore di Caritas Algeria. Si prefigura per gli operatori, "il rischio di un reato di solidarietà", mentre "parecchie migliaia di migranti dal Mali e dal Niger vengono intercettati e respinti". Anche in Turchia è quasi impossibile avere il riconoscimento dello status di rifugiato ma vi sono più di 20.000 profughi irregolari, tra cui 10.000 iracheni e moltissimi armeni. "Non hanno nessun aiuto, non possono frequentare la scuola, e devono pagare ogni 6 mesi una tassa di soggiorno di circa 300 euro - dice Rinaldo Marmara, di Caritas Turchia -. Nei centri sono come in prigione, senza diritti". Siccome la Chiesa in Turchia non può avere personalità giuridica, la Caritas offre assistenza tra difficoltà. Perciò Marmara si dice favorevole ad una sorta di "commissione che possa agire a livello europeo facendo pressione sui singoli Stati". In Marocco e Tunisia. In Marocco, invece, diventato negli ultimi anni anche Paese di immigrazione, "i migranti vengono tollerati", precisa Pieter Van Aken, di Caritas Marocco, anche se il governo "non è in grado di dare lo status di rifugiato. I migranti non hanno la carta di residenza, né l'accesso ai servizi sociali e sanitari". In Tunisia, aggiunge Namil Baek, di Caritas Tunisia, "le autorità sono molto più pazienti, anche se per gli irregolari è difficile trovare lavoro o anche solo prendere la patente. Noi assistiamo soprattutto gli ex studenti africani, che hanno finito i soldi delle borse di studio e diventano irregolari, e le famiglie algerine povere. Li aiutiamo a pagare l'affitto, le rette per la scuola o il latte per i bambini e forniamo assistenza sanitaria". Tutti gli operatori sottolineano la necessità di dare priorità all'assistenza alle donne, la maggior parte vittima di abusi e violenze sessuali, e ai bambini.
servizi a cura di Patrizia Caiffa (Valderice - Trapani)
tratto da www.agensir.it
IMMIGRAZIONE: MONS. MICCICHÈ (TRAPANI), “EUROPA RISCOPRA SUA ANIMA ACCOGLIENTE” (Valderice – Trapani) “L’Europa dovrebbe riscoprire la sua anima accogliente e i singoli Stati affacciati sul Mediterraneo dovrebbero porsi in una prospettiva meno egoistica e più solidale nei confronti degli immigrati”: lo ha detto oggi pomeriggio mons. Francesco Miccichè, vescovo di Trapani, aprendo a Valderice (Trapani) il Migramed Forum-2010. L’iniziativa, organizzata dal Coordinamento nazionale immigrazione di Caritas italiana in collaborazione con la delegazione regionale delle Caritas della Sicilia, riunisce fino al 18 giugno una ottantina di delegati delle Caritas di tutta Italia e i rappresentanti delle Caritas di Libia, Algeria, Tunisia, Turchia, Marocco, Libano, con l’intento di stilare, al termine del convegno, la cosiddetta “La Carta di Trapani”. Mons. Miccichè ha precisato al SIR che “l’Unione europea dovrebbe trovare un modo univoco per affrontare il problema dei respingimenti nel Mediterraneo, magari cercando una soluzione nei Paesi di provenienza dei tanti migranti che fuggono da situazioni di guerra, fame, persecuzione”. “Non sarebbe male – ha osservato –, tramite gli Stati e le loro rappresentanze all’estero, trovare un modo per garantire a queste persone di essere identificate ed accontentate nella loro richiesta di ottenere asilo in Italia, per evitare le ‘carrette del mare’ e tante sofferenze durante i viaggi in balìa dei trafficanti”.
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