Il terreno del dialogo con i giovani: il senso dell'umano |
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marted́ 30 agosto 2011 |
Prosegue il convegno ecclesiale ad Erice
Il terreno del dialogo con i giovani è il senso dell’umano
Prosegue il Convegno Ecclesiale diocesano “Non dire: sono giovane” in corso di svolgimento ad Erice.
La riflessione è iniziata ieri con le due meditazioni proposte da don Alberto Genovese e dal vescovo eletto di Acireale mons. Antonino Raspanti sulla figura del profeta Geremia, un giovane dell’Antico testamento che è divenuto emblema della fragilità ma anche della voglia di protagonismo dei giovani di oggi. “Giovane timido e impacciato, emotivo e sensibile, idealista e romantico, i suoi ideali crollano uno dopo l'altro ed è «costretto» ad agire e a parlare contro tutto ciò che ama: la famiglia, la patria, il tempio – ha spiegato don Genovese - La sua vita è una sequenza di contraddizioni fra ciò che desidera fare e dire e ciò che invece la sua missione gli impone. La sua parola è scomoda, persino bruciante. Colpisce gli inetti, i soddisfatti e gli illusi, nel tentativo di liberarli dai loro sogni e dai loro miti. Ma resta la coscienza inascoltata e calpestata del suo popolo nei 40 lunghi anni durante i quali esercita il ministero profetico. Quindi il discorso di Geremia riguarda ciascuno di noi – ha affermato - proprio perché la funzione del cristiano non è altro che quella di ascoltare la Parola di Dio, di capirla, di viverla e diventare quella Parola”. “Abbiamo deciso di iniziare il convegno ecclesiale meditando la figura di Geremia perché ciascuno di noi e soprattutto i giovani oggi possono ritrovare nella sua vita le contraddizioni e le fragilità della società di oggi ma anche la forza interiore che nasce dalla convinzione che la vita è un dono che si riceve ogni momento, da ‘ consegnare’ ogni giorno nelle relazioni e negli impegni”. Un riferimento che è continuato nella riflessione di taglio antropologico proposta oggi ai giovani dal pastoralista e saggista don Salvatore Currò che ha indicato alcune scommesse educativo-pastorali. Ripartire dalla centralità della persona aiutando i giovani a coltivare il senso dell’accoglienza e con proposte significative, cariche di sapienza educativa. Un’altra scommessa – ha affermato don Currò – riguarda l’esperienza dell’ appartenenza ecclesiale puntando tutto sulla qualità delle relazioni umane perché solo a partire dai rapporti personali e da una vera corresponsabilità educativa è possibile far crescere il senso della comunione e dell’appartenenza ecclesiale: il terreno del dialogo con i giovani è il senso dell’umano” Infine don Currò ha richiamato la necessità di un nuovo protagonismo dei giovani, tema centrale del Convegno ecclesiale,un protagonismo innovativo capace di superare l’individualismo imperante del “sono io” proponendo un esserci sociale ed ecclesiale che metta al centro il valore dell’accoglienza, del dono di se stessi agli altri. “Trasformare l’io in “eccomi” significa in fondo ricevere il dono più grande, la propria identità” – ha concluso don Currò. Nel pomeriggio la parola agli operatori pastorali e ai giovani che nei gruppi di lavoro elaboreranno proposte e indicazioni per le attività del prossimo anno pastorale. Domani le conclusioni del vescovo Francesco Micciché.
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