Una restituzione al nostro popolo: un di pių di amore
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mercoledė 25 gennaio 2012
Le parole del vicario generale nel corso della celebrazione del 24 gennaio

 Di seguito il testo degli auguri che, a nome della Chiesa trapanese, il vicario generale mons. Liborio Palmeri ha rivolto ieri sera al vescovo Francesco Micciché nel corso della concelebrazione eucaristica in cattedrale in occasione del XXIII anniversario di ordinazione episcopale e del XIV di nomina a vescovo di Trapani.

Eccellenza reverendissima,

la Chiesa di Trapani ringrazia con Lei il Signore stasera per i 14 anni di sua presenza episcopale tra noi, anni ricchi di crescita spirituale e di gratificazioni pastorali, ma anche di duro impegno, di fatica, e di grandi prove. In particolare l’ultimo anno trascorso è stato attraversato da grandi tensioni e da episodi le cui conseguenze sono trasbordate fuori dal confine della nostra realtà ecclesiale, purtroppo sottoponendo Lei e la nostra Chiesa ad una esposizione mediatica dolorosa, difficile da gestire in alcuni momenti per i rumores che l’hanno alimentata, infine approdata a conclusioni che, almeno in parte, restituiscono serenità a Lei, al suo agire pastorale, e all’intero popolo di Dio; un popolo meraviglioso, Eccellenza, quello della nostra Diocesi, perché senza mai mancare di delicatezza nei suoi confronti, a volte sussurrando domande legittime, ha risposto all’insipienza di alcuni con la preghiera, con il silenzio, con l’alacrità operosa di chi non si volge indietro dopo aver messo mano all’aratro, come vuole la logica del Regno; restando unito al suo Pastore, sapendo Lui e non altri, legittimo segno dell’unità e della pace che vengono da Cristo Signore.

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Per questo stasera l’augurio si fa più sentito, più caloroso, più affettuoso verso di Lei, Eccellenza, perché La vediamo più sereno, lieto di poter contare i giorni dei suoi 23 anni di episcopato, e 14 tra noi, come giorni in cui non è mai mancata la Grazia del Signore, la Luce soprannaturale di Cristo, anche nelle ore in cui il crepuscolo si infittiva in una notte apparentemente senza chiarore. E proprio a partire da questa Luce da Luce, vorremmo che tutto fosse Luce, e che questa Luce raggiungesse il cuore di tutti.

Perciò, Eccellenza, penso di trovare la sua profonda consonanza di pensiero se oso manifestarle quanto il popolo di Dio abbia bisogno, e quanto gli sia dovuta, per così dire, una restituzione, e cioè che tutti, Lei e noi, presbiteri di questa Chiesa, lo conosciamo di più, lo amiamo di più, lo serviamo di più.

Perché questo popolo, la società tutta, come Lei insistentemente sottolinea, soffre indicibilmente il tempo difficile che viviamo e ha bisogno di noi, della nostra semplicità franchezza e rinnovata disponibilità; ci sono pecore ferite, ammalate, sole, Eccellenza, tristi, inquiete e deluse, soprattutto quelle giovani, alcune senza più la possibilità di sostentarsi e di avere un luogo caldo e rassicurante in cui abitare. Chi si prenderà cura di loro, se la sollecitudine nostra non Le sprona ad alzarsi, non le fascia e dà loro coraggio, se il nostro amore non le raggiunge nel bàratro e le mette sulle spalle e le avvia ad un nuovo e più sereno cammino? Questo è il compito della Chiesa, della nostra Chiesa, con Lei suo Pastore.

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Dunque, la ringraziamo, Eccellenza, per l’impegno profuso in questi anni, e ancora, per quello che non farà mancare al futuro della nostra Chiesa. Perciò dopo averci raccolti come unico gregge, dietro ci pungoli e sproni se rallentiamo il passo, davanti ci guidi e ci indichi la giusta direzione se per caso ne deviamo il corso: la stessa meta attende Lei e noi, e questa meta anche la Liturgia di stasera ci fa ardentemente desiderare, la casa del Signore, raggiungerla e abitarla per lunghissimi anni.

Grazie, Eccellenza, e auguri!