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AC: urge riflessione sulla dignità della donna PDF Stampa E-mail
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sabato 07 luglio 2012
Dopo il brutale omicidio di una donna incinta a Trapani

Urge una riflessione corale sulla visione delle relazioni nella nostra società e sul rispetto della dignità della donna. Una nota della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica di Trapani dopo il violento omicidio di una donna a Trapani.

Dopo l’ennesimo e brutale atto di violenza su una donna avvenuto nel nostro territorio sentiamo il bisogno di assicurare alla famiglia della signora così barbaramente uccisa il nostro cordoglio e la solidarietà umana e cristiana, unita alla preghiera che eleviamo al Signore.

Quello che è accaduto ci lascia attoniti ma impone una riflessione sulla visione delle relazioni e degli affetti nella nostra società e soprattutto sul rispetto e sulla dignità della donna. «La violenza e la furia omicida di uomini che colpiscono ciecamente le compagne e persino i figli rivelano una visione e proprietaria e distruttiva degli affetti» sono le parole dette dal nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l'8 Marzo scorso.

Forse è proprio questa visione e proprietaria e distruttiva degli affetti che ha spinto un marito, un padre a uccidere Maria, la moglie, la mamma del quarto bambino che portava nel grembo da nove mesi. Mentre la procura indaga e cerca di far luce se sia stata il marito, il colpevole, tutti ne parlano: i media, la gente nei bar, le famiglie nelle case. E poiché l’avvenimento è inaccettabile, ma soprattutto inconcepibile, tutti cercano di normalizzare quanto è successo… Però i due litigavano da tempo, ma come si fa a stare con un uomo del genere, ci vorrebbe la pena di morte per certe persone. Però quello è un quartiere particolare. Però… Ci si appende ad ogni particolare utile, come se servisse a ridurre la portata di quello che è successo, a renderlo più sopportabile. Invece i dettagli non leniscono la verità. E la verità è che il male è dentro e attorno a noi, è nella società e nella sua vita quotidiana, che è la nostra società e la nostra vita quotidiana.

E che, purtroppo, non c’è una spiegazione. O meglio, ce ne sono tante ma nessuna è esaustiva. Allora forse conviene guardare avanti, e chiedersi che cosa fare di quello che è successo, del lutto sociale che dobbiamo portare. Per un cristiano, eventi come questi sono provocazioni profonde. Allora la risposta cristiana al dolore è anche sociale e politica. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Manca la forza di denunciare sin dalle prime avvisaglie ogni tipo di aggressività da parte dell’uomo, manca una più forte energia per combattere, attraverso un legislatore che se ne voglia prendere cura, per una pena "certa" per chi uccide, fa stalking, stupra. La violenza sulle donne va combattuta come si combatte la criminalità organizzata, è un problema sociale, è una mentalità sociale aggressiva che miete vittime e che quindi va sradicata con pene esemplari, che abbiano linee comuni. Perché oggi come ieri il femminicidio viene travestito da delitto passionale, violenza familiare o raptus sessuale, e invece il dato numerico ci dice ben altro: che non si tratta di esistenze disperate ma che riguardano invece tutti i ceti sociali, quelli alti e quelli bassi, quelli che vivono nei quartieri perbene e nelle periferie, nelle città e in provincia, in paesini dimenticati del Sud e del Nord. Viene fuori che non è il fatto singolo che va condannato, ma una intera mentalità che va cambiata.

Perché si tratta di delitti sociali. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. E il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. Il Papa Benedetto XVI ha sottolineato che «Ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna […], dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna […]. Dinanzi a fenomeni così gravi e persistenti ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete».

 
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