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venerd́ 24 gennaio 2014
L'incontro con i giornalisti per la festa di San Francesco di Sales

 

Diocesi di Trapani – 24 gennaio 2014 Conversazione del vescovo con i giornalisti

PAROLE E SOBRIETÀ: LA FATICA DI ESSERE GIORNALISTI OGGI

In occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

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Papa Francesco: Comunicare può essere prendersi cura?

“Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali”.

Quali fatiche fanno la storia da raccontare?

“Sono sempre più convinto che a fare la storia siano le persone comuni; la loro partecipazione alle decisioni che riguardano il futuro è la sola garanzia di democrazia e libertà” (Mandela nel 1990: Corsera 7dic13 p. 3)

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Cosa affaticava san Paolo e le prime comunità cristiane?

“Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nutrito dalle parole (logois) della fede (pistis) e della buona dottrina (didaskalia) che hai seguito (è il verbo del discepolato). Evita invece le favole profane (mythoi), roba da vecchie (graodeis) donnicciole. Allénati (gymnaze) nella vera fede, perché l'esercizio fisico (gymnasia) è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura. Questa parola (logos) è degna di fede (pistòs) e di essere accolta (apodoches) da tutti. Per questo infatti noi ci affatichiamo (kopiomen) e combattiamo (agonizometha), perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore (soter) di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono. E tu prescrivi queste cose e inségnale. Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio (typos) ai fedeli nel parlare (en logo), nel comportamento en anastrofè), nella carità (agape), nella fede (pistei), nella purezza (agneia). 13In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura (anagnosei), all'esortazione (paraclesei) e all'insegnamento (didaskalia)”. (San Paolo: 1 Tessalonicesi 4,6-11)

Quali parole per dire la sobrietà (tra identità – alterità – estetica)?

“Prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Così una volta si imparava dal catechismo. Poi è venuto il tempo dell’oblio e anche per le virtù “cardinali’ è diventato difficile sopravvivere. Noi siamo convinti che oggi sia possibile rilanciare la “temperanza’ nella forma aggiornata della sobrietà e in questo senso essa potrebbe diventare un banco di prova per tutta la comunità cristiana. La temperanza “è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell‘uso dei beni del creato" recita il Catechismo. La temperanza, con il suo richiamo alla moderazione e alla sobrietà, costituisce una sorta di scudo protettivo di fronte alle tentazioni della ricchezza ottenuta con ogni mezzo e suggerisce il giusto distacco dai beni materiali, mezzi di investimento per lo sviluppo e non già fine in sé. La temperanza è la virtù dell‘equilibrio e del senso della misura, della capacità di resistere, rinunciare, di "mescolare" (l’acqua con il vino, ad esempio), e perfino di “tagliare’, di affinare (si pensi al temperino). Chi agisce nella temperanza non è smodato, eccessivo, ingordo, s-regolato, ma è persona semplice ed essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare, ricominciare. La sobrietà è, in questo senso, la virtù del futuro, il nuovo nome della temperanza; è un bene relazionale, una qualità della relazione: con se stessi (identità/sobrietà); con gli altri (alterità/sobrietà); con le cose (consumo/estetica della sobrietà). Ma non possiamo dimenticare che la sobrietà esprime anche il modo di vivere e di vedere il mondo con lo sguardo dei poveri e proprio per questo è una scelta economica e politica” (Prof. Antonio Nanni, Filosofo educazione / Scienze sociali)

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La fatica di combattere la menzogna

“La menzogna per qualsiasi scopo usata toglie base a una sana convivenza nella famiglia, nella scuola, negli affari, nelle relazioni umane le più varie. La menzogna interrompe il dialogo umano mentre la vita dell’uomo non è altro che un dialogo continuato, anche se fra molti insieme. Chiunque sia sorpreso a mentire dimostra di essersi distaccato dalla comunità, divenendo altrui sospetto… Non pensare di essere l’uomo indispensabile; da quel momento farai molti errori; se sono gli altri a dirtelo guardati come da nemici; ti porteranno fuori strada” (L. Sturzo, Politica e Morale – Coscienza e politica, p. 73 e 208)

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