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sabato 26 novembre 2005

Scarica Questa Lettera Pastorale (Avvento 2005) .pdf Scarica Questa Lettera Pastorale - Avvento 2005 (2.27 MB 29.11.2005 12:22)

Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele” (Ez 3,15)

Carissimi figli nel Signore di questa amata Chiesa di Trapani,

nutro per voi un vivo sentimento di affetto e di benevolenza e vi desidero
santi al cospetto di Dio,
infervorati dal suo amore,
carichi del suo giubilo,
disponibili a rendere ragione verso tutti della speranza che è in voi.

Vi saluto con gioia,
vi tengo stretti al mio cuore di padre e presenti nella mia preghiera quotidiana.

Voi siete la mia corona e il mio gaudio.

Pace e gioia grande nello spirito sia in tutti voi che mi edificate con la vostra docilità, fede e carità.

CRISTO IERI, OGGI E SEMPRE

Il calendario liturgico si apre con l’Avvento, tempo di grazia che ci prepara a vivere il mistero del Natale, lo straordinario Evento del Verbo di Dio, figlio primogenito del Padre, che si fa uomo nel seno verginale di Maria e nasce piccolo e povero nella grotta di Betlemme.

Quest’avvenimento di 2000 anni fa, che ha segnato la storia dell’umanità in maniera definitiva e irreversibile, non è solo degno di memoria, ma continua a interessare la vita degli uomini in quello stupendo divenire dell’ historia salutis dove il mistero del Natale si rinnova e si riattualizza.

La liturgia, anima della Chiesa, scandisce i tempi dello svolgersi degli eventi salvifici e immette i credenti in quel circuito d’amore attivato dal Padre fin dall’eternità, che ha in Cristo il suo centro dinamico.

Egli è il punto focale della storia, è l’ unico Signore e Salvatore, ieri oggi e sempre.

Tutta la storia dell’umanità converge a Cristo: “Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create” (Col 1,10).

Egli è il Signore, Colui al quale “ogni ginocchio si piega nei cieli, sulla terra e sotto terra” (cf. Fil 2,10).

Cristo è la speranza certa, il centro della storia, da cui è necessario partire se non vogliamo smarrirci nei meandri di un mondo che ha assolutizzato il relativismo, dottrina che informa prevalentemente il pensiero e l’operato degli uomini di oggi.

A Natale la contemplazione/adorazione del Cristo bambino
riempie il cuore di consolazione,
dà una ragione in più al nostro bisogno di credere perché ci fa toccare con mano l’amore preveniente ed eterno di Dio per l’uomo,
ci apre alla speranza più grande che ogni culla porta con sé e che ogni vita che nasce annuncia e testimonia.

Abbiamo bisogno di Cristo,
l’umanità non può fare a meno di Lui,
non può con disinvoltura cancellarlo dalla storia,
deve necessariamente confrontarsi con Lui.

Cristo interroga l’uomo del nostro tempo, la sua vicenda continua a dividere gli uomini tra quelli che l’accolgono e quelli che si ostinano a gridare il “crucifige!”.

Cristo Gesù resta, oggi come ieri, il segno di contraddizione: “La parola della croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano è potenza di Dio” (cf. 1Cor 1,18).

 

VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA UNIVERSALE

Essere cristiani significa fare la nostra scelta consapevole e libera per Cristo.

Quando scegliamo Cristo ci compromettiamo con Lui e per Lui, lo accettiamo, lo accogliamo nella nostra vita come l’unico Signore e Salvatore.

Per il mistero della grazia che Egli ci comunica attraverso i sacramenti, scorre in noi la stessa vita di Dio; la nostra creaturalità visitata, abitata da Dio può con verità riconoscersi nella nuova e più alta dignità di figli di Dio.

Grembo vitale di queste meraviglie è la Chiesa, madre di una moltitudine di figli, nata dal cuore squarciato di Cristo sulla croce.

In questo tempo sacro è mio vivo desiderio che si punti l’attenzione orante sulla Chiesa, rinnovando il nostro atto di fede e di amore alla Chiesa, una santa cattolica e apostolica.

Siamo felici di appartenere alla Chiesa, corpo mistico di Cristo,
essa è la comunità dei salvati,
il popolo redento dal sangue prezioso di Cristo,
la comunità del Risorto chiamata a proclamare al mondo intero la verità del terzo giorno, a testimoniare la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre, della grazia sul peccato.

La Chiesa è il frutto maturo del Natale,
è la realtà che ci interessa e ci coinvolge nel nostro itinerario terreno in un’esperienza essenziale e determinante per la nostra realizzazione.

Senza il mistero della Chiesa mancheremmo di un punto fermo e certo di riferimento, brancoleremmo nel buio di un cammino senza meta,
saremmo privi del conforto di una promessa non velleitaria ma provata: “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

La Chiesa non è una realtà astratta,
è il sacramento di Cristo,
è il segno tra le nazioni del Cristo pasquale.

Essa è realtà umano/divina, che trova ispirazione e forza vitale da Cristo, Dio con il Padre e lo Spirito Santo.

 

VITA IN CRISTO E NELLA CHIESA PARTICOLARE

La cattolica Chiesa di Cristo vive nella Chiesa particolare, popolo della nuova alleanza, chiamato e raccolto dallo Spirito intorno all’apostolo, principio visibile di unità.

Sento un amore intenso per questa Chiesa che è in Trapani, a cui la misericordia del Padre mi ha destinato come apostolo, garante della verità, sentinella che annuncia il nuovo giorno, padre e pastore chiamato a conoscere e a guidare le anime alla verità che è Cristo.

Come vorrei che questa nostra Chiesa splendesse di santità,
testimoniasse al mondo l’amore del Signore,
diventasse per tutti segno e strumento di salvezza,
fosse voce che loda, ringrazia, adora Dio meraviglioso nei suoi santi,
si caricasse del peso dell’umanità con il suo bagaglio di speranze, di gioie, di dolori e di angosce,
si offrisse come il Cireneo sotto la croce in un crescendo di prossimità verso ogni uomo, soprattutto verso gli ultimi, gli abbandonati, i sofferenti nell’anima e nel corpo!

Guardo con l’ottimismo della fede il cammino che la nostra Chiesa di Trapani va compiendo con il comune impegno di tutti, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici impegnati.

I motivi per ringraziare il Signore per tutto il bene di cui è strumento la nostra Chiesa sono infiniti.

Sarebbe grave errore e miopia imperdonabile attardarci a evidenziare principalmente e soltanto le inevitabili carenze che si possono verificare nell’esercizio pastorale della nostra Chiesa.

È abbastanza facile infatti cadere nella trappola delle sterili lamentele che non aiutano a costruire nulla di buono.

È invece fondamentale nella ricerca delle scelte pastorali il dialogo costruttivo.

Pertanto, è richiesto a ciascuno che sia animato da retta intenzione, da grande carità e da vera umiltà di dare il suo contributo di idee, di proposte, di suggerimenti che abbiano come unico obiettivo l’edificazione del Regno di Dio nella nostra Diocesi.

Inebriamoci della luce se vogliamo sconfiggere le tenebre.

Adoperiamoci, facendo leva sulle tante realtà positive che lo Spirito suscita nella nostra Chiesa, per essere partecipi e responsabili nella programmazione, progettazione e attuazione delle scelte pastorali, scommettendoci noi per primi.

È tempo di svegliarci dal sonno,
è tempo di profezia.

Come Giovanni Battista dobbiamo anche noi diventare: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” (Mt 3,3).

 

Carissimi fratelli e figli presbiteri,
mi rivolgo soprattutto a voi che avete la gravosa e impegnativa responsabilità, affidatavi dalla Provvidenza, di guidare il gregge del Signore e di animare e nutrire con la Parola e i sacramenti il popolo santo di Dio.

Contemplate con stupore, figli carissimi, come l’immutabile ed eterno Dio si è fatto uno di noi per riscattarci dalla schiavitù antica e farci suoi figli!

Di questo noi siamo testimoni,
a questa verità come a fonte di acqua viva intendiamo abbeverarci ogni giorno, prendere linfa per il nostro essere e il nostro agire.

Portiamo il prezioso tesoro della grazia in vasi di creta: la nostra povertà è grande ma confidiamo totalmente nell’amore di Dio, nella sua infinita misericordia.

L’ordine Presbiterale insieme al Vescovo, sacramento visibile del Cristo maestro e pastore, deve dare prova di verità, di carità, di fraternità senza incrinature, senza “se” e senza “ma”.

Un Presbiterio unito, solidale, fraterno è il Presbiterio che sogno, che con la grazia di Dio intendo animare, far vivere ed operare.

Nessuno si senta un’isola,
nessuno si arroghi il diritto di fare il navigatore solitario,
ma tutti insieme sentiamoci responsabilmente uniti per una missione che ci supera e che per grazia ci è stata affidata dalla bontà misericordiosa del Signore Gesù:
la salvezza degli uomini nostri fratelli.

 

COMUNIONE PER LA MISSIONE…
… nella Chiesa

La comunità ecclesiale diocesana è il soggetto pastorale che vescovo, presbiteri, diaconi, religiosi, religiose e laici impegnati siamo chiamati a servire agendo in maniera sinergica.

Le scelte pastorali che in questi anni di servizio pastorale alla Santa Chiesa di Trapani abbiamo insieme maturato non sono verità dogmatiche e non pretendono di essere esclusive e definitive, ma sono scelte pensate e volute sulla base di un discorso teologicamente fondato ed ecclesiologicamente motivato, che risponde al momento storico che stiamo vivendo così convulso nel cambiamento e così bisognoso di risposte serie e concrete alle sfide che ci pone.

L’obiettivo della comunione ecclesiale non è solo una questione strategica che permette alla Chiesa di dare maggiore incisività ed efficacia alla sua azione, ma è la ragione stessa del suo essere e del suo operare.

La Chiesa è Mistero di Comunione.

L’anno scorso, a fine agosto, ho avuto la gioia di mettere nelle vostre mani il progetto pastorale su cui fin dal principio del mio servizio episcopale a questa Santa Chiesa di Trapani mi sono ispirato: “Da Babele a Gerusalemmme. Il cammino della Comunione”.

La Comunione a cui il Signore Gesù ci chiama non è solo concettuale, è una Comunione vitale, reale, operativa che ci mostra al mondo tutti come “un cuor solo ed un’anima sola” (At 4,32).

“Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).

Il cammino della Chiesa è un cammino segnato dall’ansia/tensione/ricerca della Comunione.

La Chiesa è Comunione che vuole, ricerca, cammina verso una comunione sempre più piena, più consapevole, più dinamica in vista della Comunione definitiva che vivremo nella vita eterna.

 

…nel Presbiterio col Vescovo

Coltivare la comunione tra me, vescovo, e voi, presbiteri, è il mio primo e precipuo dovere.

Rinnovo il mio proposito di disponibilità al dialogo, all’ascolto, all’amicizia fraterna – paterna con ciascuno dei presbiteri che vedo nella fede miei “saggi e preziosi collaboratori”, indispensabili all’esercizio del mio ministero apostolico.

I ritiri spirituali mensili, la formazione permanente, gli esercizi spirituali, il Collegio dei Consultori, il Consiglio presbiterale sono i principali strumenti attraverso i quali questa Comunione cresce e si rafforza. Non mancano le occasioni di incontro tra voi presbiteri e me vescovo, quando visito le Zone Pastorali, nel mio peregrinare per le parrocchie della Diocesi, negli incontri personali e nel dialogo/verifica che prende gran parte del mio tempo e mi orienta sulle scelte pastorali a cui lo Spirito ci indirizza.

 

… nel presbiterio

La fraternità sacerdotale è un obiettivo primario nella vita del presbitero.

Sarebbe una bestemmia pensare il presbitero senza questo legame, che è sacramentale, con il Presbiterio e che deve tradursi in amicizia e stima fraterna, in dialogo e accettazione reciproca, in aiuto vicendevole.

La fraternità sacerdotale, creduta e vissuta, è condizione indispensabile per far decollare la strategia pastorale su cui la nostra Santa Chiesa di Trapani intende scommettersi: una Chiesa che sia profezia di comunione in un mondo lacerato da divisioni, egoismi, contrapposizioni, odi, guerra.

 

… nella Parrocchia

Il volto nuovo delle parrocchie passa attraverso la rivisitazione del nostro essere Presbiteri, corpo sacramentale che rende, oggi, viva ed operante l’azione di Cristo.

Non siamo deputati ad agire in persona Christi?

Bisogna superare gli steccati che una certa visione di parrocchia centrata sul parroco tutto fare, dominus della parrocchia, ha creato.

La parrocchia non è proprietà del parroco,
i parrocchiani non sono sua proprietà,
il parroco non è proprietà della parrocchia.

C’è un servizio che il presbitero parroco è chiamato a rendere su mandato della Chiesa a una porzione del popolo Santo di Dio, un servizio di amore che tende a fare del non popolo un popolo illuminato dalla Parola e sostenuto dai sacramenti.

Insieme al parroco c’è il popolo dei battezzati, che dev’essere aiutato a prendere coscienza della sua dignità: “Agnosce, christiane, dignitatem tuam” (S. Leone Magno) e in forza di questa rinnovata consapevolezza a farsi partecipe/protagonista della vita della Chiesa.

 

… nel territorio

Le sfide del mondo di oggi, la rivoluzione a cui è stata sottoposta la società in quel divenire convulso e caotico che la caratterizza, società non più statica ma dinamica, aperta, che non si riconosce più nel micro-gruppo, sono da accogliere come salutari sfide/provocazioni per la nostra azione pastorale.

Un’azione che parte da Cristo, Colui che ci invia, e guarda all’uomo a cui siamo chiamati a portare la buona novella, la salvezza integrale.

L’antico assetto delle parrocchie va ripensato in quest’ottica e riproposto in forme nuove, pastoralmente più efficaci.

Tra gli strumenti pratici per vivere pastoralmente la comunione ho individuato, proposto e attivato un organigramma pastorale che riguarda tutta la comunità diocesana trapanese.

Ho pensato le Zone Pastorali, ne ho individuato tre, e dentro le Zone Pastorali ho costituito le Interparrocchialità e le Unità Pastorali formate da parrocchie che operano in territori contigui ed omogenei.

Desidero rinnovarvi l’invito accorato a ripensare le parrocchie come spazio di vita ecclesiale a partire dal territorio in cui le stesse parrocchie insistono.

È questo un cambiamento di prospettiva di particolare rilevanza che ci obbliga a vivere una conversione pastorale radicale.

Non è la parrocchia il soggetto interlocutore della nostra azione pastorale ma il territorio in cui la parrocchia è chiamata a confrontarsi con le parrocchie limitrofe, con gli enti pubblici e privati, con le agenzie culturali che sono al servizio del popolo che vive, soffre, spera, progetta in quel determinato territorio.

La prima conseguenza pratica di questo cambiamento di prospettiva è che i confini geografici della parrocchia non sono e non devono essere mura che dividono, ma ponti che uniscono.

La parrocchia non è un fortino arroccato su un monte inaccessibile sotto cui scorre, come un fiume tumultuoso, la vita degli uomini.

La parrocchia è la cellula viva del corpo ecclesiale.

Essa vive della vita di tutto il corpo e sarebbe cellula destinata alla morte se si staccasse da esso, se non vivesse in comunione vitale con esso.

Il presbitero parroco nella parrocchia rappresenta il vescovo ed è chiamato ad agire in piena comunione di fede e di vita con lui. La parrocchia dice riferimento essenziale alla Diocesi e al vescovo che è “parroco”, pastore, liturgo, maestro e padre di tutte le parrocchie e da cui prende forza l’azione del presbitero parroco.

Questa comunione, che è sacramentale, si rende particolarmente visibile nella concelebrazione dei presbiteri con il vescovo in momenti significativi dell’anno liturgico: specialmente il giovedì santo, il giorno della dedicazione della chiesa Cattedrale, in occasione di sacre ordinazioni.

 

… nelle scelte pastorali

Le Zone pastorali, le Unità pastorali e le Interparrocchialità sono un tentativo non definitivo di rispondere alle sfide poste alla nostra coscienza di Chiesa dal mondo di oggi. Vorrei che ciascun presbitero si confrontasse, alla luce della fede, con queste proposte che in coscienza non devono rimanere sul piano della opinabilità.

Si possono nutrire dubbi e perplessità, ma credo che nessun presbitero mai disattenderà o tanto meno demolirà con una critica corrosiva e un atteggiamento passivo e disfattista le scelte che il vescovo, confortato dallo studio e dal consiglio degli Uffici diocesani, di volta in volta propone.

In atto le Unità Pastorali e le Interparrocchialità appaiono una scelta obbligata e necessaria per la missione.

Dobbiamo rimotivarci e rimotivare la nostra adesione a questo progetto pastorale a partire dai vicari di Zona, dai moderatori delle Unità pastorali e dai coordinatori delle Interparrocchialità.

Dobbiamo fare qualcosa di più e meglio per renderli strumenti vivi della pastorale, è una marcia in più che bisogna dare al nostro cammino di Chiesa evitando la stanchezza, la noia, il disinteresse.

La mappa delle parrocchie in Diocesi è destinata nel futuro a cambiare, è questa una tendenza presente in ogni Chiesa particolare e la nostra non fa eccezione.

Dovrà cambiare per ragioni pratiche, legate alla diminuzione dei sacerdoti, dovrà cambiare per il mutamento della società civile che ci obbliga a spostare il baricentro dalla parrocchia al territorio.

Sempre di più saremo chiamati a vivere la dimensione missionaria della parrocchia e il presbitero sarà chiamato ad animare piccole comunità, muovendosi sul territorio, inserendosi nel tessuto sociale con lo specifico del suo ministero di maestro, di guida, di santificatore, di testimone.

La mobilità umana costringe la parrocchia ad assumere la stessa valenza, a farsi compagnia dell’uomo nel suo habitat vitale.

Unire le forze per rispondere meglio ai bisogni è strategia vincente; le Unità pastorali e le Interparrocchialità tendono chiaramente a questo.

S’inceppa il cammino pastorale delle nostre parrocchie in un labirinto di bisogni e non riesce a dare risposte soddisfacenti se non ci sono operatori pastorali sufficientemente preparati.

 

… nel solco della tradizione

La sinergia nell’azione tra parrocchie diverse nel territorio attenua questo ostacolo, mette in circolo ricchezze e disponibilità che diversamente rimarrebbero mortificate e parzialmente utilizzate.

Non si tratta di abbandonare il lavoro prezioso che le singole parrocchie cercano con sforzo lodevole di portare avanti. Lungi da me il volere un impoverimento delle parrocchie. Il lavoro comune, la progettazione pastorale nelle Unità Pastorali e nelle Interparrocchialità, non intende mortificare la ricchezza di ogni comunità parrocchiale, ma intende arricchirla, esaltarla, dandole un più ampio orizzonte, uno spazio maggiore di operatività.

I carismi condivisi, messi a frutto nella circolarità delle esperienze pastorali, sono il volano delle parrocchie nuove su cui tanto insistono i documenti della CEI e soprattutto le linee del progetto pastorale della Chiesa in Italia per questo primo decennio del terzo millennio: “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”.

Teologi e pastoralisti, sulla scia del Magistero della Chiesa, non cessano di ricordarci con i loro approfondimenti teologico/pastorali la necessità/urgenza di camminare in mezzo al cambiamento non rimanendo arroccati a formule e modi di essere della Chiesa ormai desuete.

Le esperienze su cui varie Diocesi si sono incamminate sono il frutto di una coraggiosa e ragionevole presa d’atto del fallimento di tante strategie pastorali che purtroppo ancora permangono nella vita delle nostre comunità.

 

… nel cambiamento

Dobbiamo convenire sul fatto che non c’è più una situazione di cristianità diffusa, sempre più viviamo la complessità di culture, di religioni diverse, chiamate a confrontarsi e a convivere nel nostro territorio diocesano.

La società va cambiando pelle, è una società al guado che fa difficoltà a ritrovarsi nel “nuovo”, non sempre positivo e portatore di valori.

Penso alla famiglia, alla scuola, alle istituzioni politiche, agli scenari cangianti di un’Europa aggredita da un’ondata migratoria di proporzioni bibliche.

Il centro del nostro interesse è l’uomo, una rinnovata visione antropologica ci mette tutti in cammino verso il riconoscimento delle ricchezze e dei rischi di una società multietnica, multireligiosa e multiculturale.

Sul valore uomo, amato da Dio, redento da Cristo, le nostre parrocchie insieme devono misurarsi, studiare la maniera e gli strumenti per andargli incontro.

 

IL PIANO PASTORALE: UNA GRAZIA DA NON SCIUPARE

Ho avuto modo di centrare i punti nevralgici del cammino pastorale unitario da portare avanti nelle Zone, nelle Unità Pastorali e nelle Interparrocchialità quando, al termine della Visita Pastorale conclusa nella Pasqua del 2005, ho dato ad ogni parrocchia le dovute osservazioni e indicazioni e quando ho consegnato a Pentecoste 2005 “Duc in altum. Riflessioni ad alta voce”.

Alcuni settori della pastorale, soprattutto, richiedono sinergie di forze per essere affrontate con efficacia: i giovani, la famiglia, la cultura.

Li rilancio all’inizio di questo nuovo anno liturgico come impegno primario da studiare insieme per progettare e programmare un’azione comune che valorizzi meglio le risorse che ciascuna comunità parrocchiale possiede.

Non ci impoveriamo quando lavoriamo insieme, ma anzi ci arricchiamo.

Una Chiesa che cammina in Unità di fede e di opere è una Chiesa che testimonia Cristo, è una comunità profetica che trascina le anime a Cristo.

Nutro ferma speranza che il piano pastorale che ho messo nelle vostre mani: “Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata” (2Ts 1,11) possa esservi di sprone a programmare, in sintonia con le indicazioni da me date, l’evangelizzazione, la liturgia e la carità.

Chiesa di Trapani,
renditi degna della chiamata del Signore,
sii attenta e docile al tuo Dio,
fatti discepola del tuo Salvatore Gesù Cristo,
sii fedele al Magistero di Pietro e a quello dell’apostolo che con te soffre, vive e spera nel suo diuturno servizio di amore,
abbi il coraggio di tentare vie nuove di pastorale,
non aver paura di osare,
aggrappati alla Parola di Vita e vivi di Eucaristia,
ama l’uomo, “tu” di Dio, con il cuore di Cristo uomo per gli altri,
non temere chi ti avversa e ti fa soffrire, Cristo e il suo Spirito sono con te.A voi carissimi e amati Presbiteri,
sento di rivolgere un accorato appello:
cresciamo nella santità della vita,
amiamoci di vero amore,
amiamo la Chiesa che è in Trapani,
serviamo con passione le comunità che siamo chiamati a presiedere.

Sono al vostro fianco, voglio esservi di aiuto, ma con la vostra collaborazione aiutatemi ad essere pastore secondo il cuore di Cristo, maestro e padre di questa amatissima Chiesa di Trapani.

Vi affido alla Vergine Maria,
Madre della Chiesa che nel cenacolo ha vissuto l’attesa fervida dello Spirito Santo, perché ci ottenga dal suo Gesù
fervore apostolico,
ricchezza di idee,
di propositi,
di iniziative
per meglio servire la nostra Chiesa.

Con voi, carissimi Presbiteri, benedico i vostri collaboratori, i diaconi,
gli operatori pastorali, i religiosi, le religiose e il popolo santo di Dio e tutti accolgo in un abbraccio di fede e di amore.

Trapani, 01 novembre 2005
Solennità di Tutti i Santi

+ Francesco Miccichè
Vescovo

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